Diversi studi su riviste mediche hanno dimostrato che la diminuzione della biodiversità è associata ad una serie di problemi per la salute umana.
Questi studi riguardano l'effetto della dieta sulla composizione e la diversità del microbiota. Si ricorda che il microbiota – noto anche come flora intestinale – è il complesso di batteri, virus, funghi, lieviti e protozoi che alberga nel nostro intestino e che dalla sua composizione e diversità dipende non solo la nostra salute fisica ma anche quella mentale.
In particolare dalla composizione e dalla diversità del microbiota dipende il nostro sistema immunitario e quindi la possibilità o meno di contrarre malattie a base infiammatoria, come per esempio l’intestino irritabile, la colite ulcerosa, disturbi cardiovascolari, varie malattie del fegato e molti tipi di cancro. Per quanto riguarda la salute mentale è stato dimostrato che il microbiota regola sia il cervello che il comportamento, e influenza l’ansietà, la depressione e, in generale, la qualità della vita.
Dato l'importante ruolo del microbiota da un lato e il fatto che sia così fortemente e rapidamente influenzato dalla dieta dall'altro, è comprensibile che ci siano stati molti studi sull'effetto di varie diete (occidentale, onnivora, mediterranea, vegetariana, vegana, ecc.) sulla sua composizione e diversità. La raccomandazione generale di questi studi è che per avere un microbiota sano bisogna seguire una dieta il più diversificata e varia possibile. Tuttavia, seguire questa raccomandazione è un problema visto che dietro il nostro cibo c’è un’agricoltura basata sull’uniformità: tre colture, frumento, granturco e riso, ci forniscono il 50% dell’energia, e 12 specie vegetali insieme a cinque animali rappresentano il 75% del nostro cibo. Ed è un problema ancora più complicato in Italia visto che nella nostra dieta sono spesso presenti pane e pasta, prodotti proprio da una di quelle colture nelle quali il miglioramento genetico ha maggiormente ridotto la diversità genetica: poche varietà geneticamente uniformi e tutte più o meno imparentate tra di loro e in gran parte provenienti da agricoltura industriale.
Il pane, i biscotti, e i crackers prodotti con farina di Miscuglio di Aleppo di frumento tenero, e la pasta prodotta con semola di Miscuglio di Aleppo di frumento duro, entrambi coltivati in biologico offrono una soluzione al problema perché in quel pane, in quei biscotti, e in quei crackers ci sono circa 2000 tipi diversi di frumento tenero, e in quel piatto di pasta circa 700 tipi diversi di frumento.