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El Tamiso: un'economia di pace. Video e foto della festa!

22.07.14

Sabato al “Fistomba” è stata un festa di compleanno molto bella e serena.

Per noi, che ci abbiamo messo solo l’organizzazione e l’invito, è motivo di orgoglio la risposta di tanti amici, i loro auguri e soprattutto il clima che si respirava. Proprio come scriveva il nostro Paolo qualche giorno fa………..

"La cooperativa El Tamiso altro non è che un telaio entro cui è tessuto un intreccio di relazioni umane tra agricoltori, consumatori, fornitori, amici, conoscenti con un ideale comune, che basano il proprio stile di vita sui principi dell’agricoltura biologica e che perseguono il sogno di un mondo equo e sostenibile attraverso le semplici scelte quotidiane… da 30 anni!"

A me ha colpito molto il contenuto ricorrente dei diversi saluti augurali: El Tamiso è un “posto” dove si riesce a fare un’economia basata su valori condivisi; che poi sono la sostenibilità: su lavoro, l’ambiente, la solidarietà, la condivisione, il paesaggio, il rispetto della vita e delle persone.

Tutte cose che dovrebbero essere naturalmente connesse con l’idea e la pratica dell’agricoltura biologica, se non la si vede solo come complesso di norme e tecniche agricole.

Insomma, fuor di retorica, un’economia di relazioni basata sull’amore, nel senso di “prendersi cura” di se stessi e dell’altro - giornalisticamente, il fin troppo usato “I care” .

Ora, noi sappiamo che la strada verso un obiettivo di questo livello è ancora molta, e forse infinita, poiché ogni volta che si pensa di esserci ci si accorge che si può fare di più.

E che le mediazioni necessarie sono molte e continue, ma che molti ci riconoscano questo sforzo genuino, è di grande conforto.

Ma cos’è un’economia di pace?

Sin troppo facile in questi giorni in cui a Gaza si sparano i missili sulle spiagge e sugli ospedali (…..) concludere che questo non è certo coerente con il nostro concetto di economia di scambio.

Ed è pure facile comunicare al mondo che non ci interessano scambi commerciali con Israele, bio o non bio, ma neppure con chi con il governo di quel Paese fa “normalissimi” affari.

Anche se poi ne quotidiano basta andare a prendere un certo caffè al bar, per smentire questo approccio.

Ci vogliono informazione attenzione e coscienza, non comunissime.

Ma si può andare molto e più semplicemente oltre, sulle nostre scelte di vita, anche le più banali, basta cominciare a declinare l’idea che da ciò dipende il destino del mondo, vicino o lontano che sia.

Apparentemente un po’ tutti siamo d’accordo che il denaro non è fine a se stesso, ma una semplice convenzione per scambiare valori, e soddisfare bisogni.

E’ drammatico scoprire come tanti vanno a comprare qualsiasi cosa purchè il costo sia (più) basso; senza rendersi conto che quel denaro/valore sparisce dal suo orizzonte quotidiano, va a finire spesso nella speculazione finanziaria, e non torna più in termini di lavoro e di opportunità di sviluppo e di migliore benessere, per sè e per gli altri.

Per non parlare dei costi ambientali e sanitari che gravano sulla collettività, e non sul prezzo dello specifico prodotto o servizio, e che quindi paghiamo da un’altra parte.

Insomma come altro si può definire una cosiddetta economia basata sulla speculazione, sullo sfruttamento privato e senza limiti delle risorse comuni, approfittando delle più deboli condizioni altrui, se non una economia di guerra ?

E non è certo licenza poetica……. o pensiamo che i migranti che si giocano tutto quello che hanno, vita compresa, per attraversare il Mediterraneo, lo facciano per diporto?

Pensiamo che sia in aumento verticale l’importazione di prodotti ortofrutticoli, tipicamente italiani, perché i nostri produttori agricoli sono tutti incapaci? O perché non riescono a sottostare ai ricatti di certa distribuzione e chiudono? Magari gli si allunga la vita con un po’ di risorse dei contribuenti, in termini di contributi, quasi sempre a vantaggio dell’indotto commerciale ed industriale che, quello si, “vive” di agricoltura

Quasi nessuno sa che il nostro Paese è il più grosso importatore mondiale di legna da ardere (l’Italia ?!). Che forse non abbiamo boschi e gente che cerca lavoro?

E poi questa storia del non pagare le tasse ……… per quanto siano inique, questa è la diretta conseguenza di una certa idea di Società, in cui si è sostanzialmente tutti in guerra con tutti.

O che far lavorare un’artigiano del proprio territorio, col quale condividere idee, valori ed obiettivi, sia un lusso?

O che non ci sia speranza che si possa tornare finalmente ad usare la “banca” come uno strumento comune per migliorare le condizioni e la “felicità” di un popolo ? - non lo dico io ……. ma il presidente dell’Uruguay, Mujica, e lo dicevano quello del Burkina Fasu, Thomas Sankarà, ma forse anche Bob Kennedy diversi anni fa - noi ci stiamo provando con Banca Etica.

Che non si possa battere questa logica imperialista delle multinazionali/stato che ci vogliono imporre il transgenico e la brevettazione dei semi, togliendo l’ultima è vera sovranità, che è quella alimentare, in una malintesa “economia globale ed un altrettanto malinteso “libero” mercato?

Ma vogliamo essere in qualche modo essere complici di tutto ciò, cioè far finta di niente, o perseguire una nostra strada alternativa?

I nostri nonni, qui al Mercato Ortofrutticolo, direbbero che “l’affare si fa in due!”, intendendo con grande saggezza e semplicità, che nessun affare si può definire tale se non porta soddisfazione a tutti i soggetti coinvolti.

Bene; alcuni di noi 30 anni fa decisero di chiamare “El Tamiso” la loro voglia di fare altre strade – il tamiso, in dialetto veneto, ma anche in provenzale e nel catalano, è un attrezzo che stà a metà tra il campo e la tavola; serve per selezionare le cose più utili da quelle meno, proprio quello che volevamo fare, partendo dal nostro luogo e dalla nostra passione per la terra.

Nei prossimi 30 anni cercheremo di rappresentare una modesta, sobria e concreta testimonianza che c’è altro modo di intendere l’economia, quella della pace.

Franco Zecchinato, presidente della Cooperativa El Tamiso

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